LE TRASFORMAZIONI POST COVID DEL MONDO DELLE VENDITE GIUDIZIARIE.
Di Dr.ssa Caterina FRANCHINA – titolare di VENETO ASTE
Questa mia dissertazione vuole puntualizzare alcuni elementi non chiari e porre in evidenza alcune novità che, forse, nuociono a tutto il settore.
Sono un consulente immobiliare specializzato in vendite giudiziarie e trattative bancarie, una di quelle che vengono chiamate “le nuove professioni” che non hanno albo nè obblighi di categoria ma che, almeno per quanto mi riguarda, dotata di esperienza pluriennale nel settore, master e seminari specialistici e, il che non guasta, un’assicurazione a tutela di errori professionali e a difesa di un nome, quello di Veneto Aste, che ormai rappresenta serietà, onestà e trasparenza.
Il settore delle vendite giudiziarie vola sempre di più e soprattutto ultimamente ha visto replicarsi avventori del tema: ci si prova a inserirsi nel gruppo con franchising e assimilati cercando di ridurre un pò tutto a una gara di preventivi ma noi di VA rimaniamo fedeli alla nostra sostanza, con ferrea autostima e soprattutto certi di un assioma “un diciottenne può affrontare dopo la patente un lungo viaggio in autostrada ma tu chi scegli se devi salire in macchina lui o uno con ventanni di esperienza?”
Con questo pensiero nella mente andiamo avanti in questo labirinto prendendo atto della novità e avendo digerito a malincuore l’avvento del Covid per il quale ci siamo attrezzati con perizia e attenzione e sperando che, come succede spesso, una rottura portasse a un grande cambiamento ma invece così non è stato, anzi sì ma in peggio.
Tribunale di Vicenza. Aste telematiche: se non ora quando?
Era il lontano gennaio 2018, quest’articolo del Sole 24 ore che sembrava una profezia epocale si è trasformato invece nel “naufragio della Concordia giudiziaria” guidato da capitan Bonafede:
Alla fine del 2018 è stato approvato il cosiddetto decreto legge Bramini all’interno del decreto semplificazioni. Il decreto (135/2018), in origine, tutelava coloro che avessero debiti nei confronti delle banche, ma non riuscissero a saldarli per colpa di crediti non incassati dalla pubblica amministrazione. La norma, che riscrive l’articolo 560 del codice civile in materia di pignoramento e diritto ad abitare la casa pignorata, prende il nome dall’imprenditore Sergio Bramini, caso emblematico di debitore che si è visto pignorare e mettere all’asta i propri immobili pur vantando crediti verso la pubblica amministrazione, colpevolmente ritardataria nei pagamenti.
La riscrittura dell’articolo 560 del codice civile prevede una maggior tutela del diritto del debitore a restare nella casa pignorata. Il momento dello sgombero viene infatti differito a 90 giorni dopo l’emissione del definitivo decreto di trasferimento dell’immobile ad un altro acquirente, che abbia acquistato la casa pignorata ad un’asta fallimentare.
Tale tutela, secondo la modifica alla legge di conversione del decreto semplificazioni, verrà estesa non solo ai debitori che vantano debiti nei confronti delle Pa, ma a tutti i tipi di debitori. Ad alcune condizioni: il debitore deve conservare integro il bene; deve abitare personalmente nell’immobile, quindi non può darlo in locazione o uso ad altri; deve consentire la visita a potenziali acquirenti.
Non solo: con le novità introdotte in materia di tutela in seguito all’avvento della pandemia mondiale, invece di portare a termine una rivoluzione digitale che avrebbe consentito maggiore trasparenza e controllo di un sistema che spesso fa acqua, permangono le attività di asta tenute alla vecchia maniera, in uffici spesso assurdamente piccoli e fuori da ogni direttiva governativa e con il permesso di accesso solo agli offerenti muniti degli appositi dispositivi di protezione.
Il governo preoccupato di rallentare esclusivamente il processo espropriativo delle case dei debitori, sull’onda del caso Bramini, ha del tutto dimenticato l’organizzazione del sistema vendita che, così gestito, crea una situazione di questo genere: assembramenti fuori dalle sale di aste, fuori dai palazzi e senza controlli, possibilità di accordi (non fingiamo non ci siano, perchè ci sono) in barba alla turbativa d’asta (reato penale ma difficilissimo da cristallizzare in quanto punibile solo se colti con le mani nel sacco: io stesso ho denunciato due volte, perfino con l’intervento dei carabinieri in borghese sul posto, senza risultato) e clienti stranieri (e non), che hanno l’urgenza casa e con poca comprensione di certi complicati meccanismi rimangono soli e completamente spaesati davanti all’avvocato, al notaio o al commercialista di turno (l’ostracismo del consulente a cosa vuole portare? Alla vittoria delle mafie?)
E poi, per concludere: chi controlla il controllore?
A chi non capita di sbagliare? A nessuno. Il consulente immobiliare, tra le mille01 cose, ha il compito di gestire questi errori per permettere che tutto si compia come deve fino al passaggio di proprietà e alla consegna delle chiavi.
Succede che sorge un ufficio para-statale dove vi sono consulenti privati che sono convenzionati con il pubblico (o simil pubblico, chi vuole capire capisca) e che ad esso si sovrappongono proponendo servizi connessi ma non annessi: come dire, tutto in casa, il bello e cattivo tempo, del tutto borderline sul piano della trasparenza.
Facciamo l’avvocato del diavolo: se io sono un consulente di un ufficio para-statale che conosco in anteprima notizie (aumm aumm) connesse ad immobili grazie alle mie “amicizie” con tizio, caio e sempronio di un ufficio statale (o simil statale) posso agire in modo tale da condurre a trattativa privata determinati immobili traendone un vantaggio con una sorta di abuso di posizione dominante?
Come mai non c’è nessuno che verifica ciò? E soprattutto: dove è finita la terzietà? (Quella garantita da un consulente immobiliare?)
Così le aste che muovono una bella quantita di miliardi (con un indotto non indifferente) vengono lasciate al caso dal Governo dell’Onestà che tutela i deboli ma che di fronte “ai forti” volta la faccia sperando che alla fine il tutto finisca solo con un “fallo di confusione”.